Agosto a New York

un primo viaggio a New York nel febbraio 2006 ho deciso di passarci anche tutto agosto. La mia guida Lonely Planet diceva che agosto è calduccio, intorno ai 28°C, e che i new yorchesi non perdono occasione di scappare al mare o in montagna appena possono. Ai turisti, invece, veniva consigliato di mettersi la crema solare e di godersi New York. Temperatura massima odierna: 39°C

giovedì, agosto 17, 2006

Vestiti e grassi

Nei precedenti post ho più volte espresso la mia gioia per aver potuto trovare diversi abiti delle collezioni P/E 2006 nella mia taglia. Ho anche specificato che parte di questa felicità derivava dal fatto che non avevo la taglia più grossa tra quelle esposte. In questi ultimi giorni mi sono data al junkie food (cibo spazzatura). Costa poco e se ne trova ad ogni angolo.

Gli americani amano il fritto, l’olio, il burro. L’unica cucina che non si è lasciata contaminare è la giapponese, mentre le altre, anche quella italiana, in America vengono appesantite da litri di olio e burro.
Per fare un esempio: al ristorante non ci sono i grissini torinesi come da noi. Portano tre fettine di pane e una bacinella con olio extravergine di oliva in cui fare la scarpetta. Buonissimo, ma così anche la cucina mediterranea diventa una botta calorica!
Le pizze, tanto per dirne un’altra, grondano di olio e mozzarella.
Se si mangia americano, il pane viene servito con il burro (all’inglese).

Durante i primi dieci giorni a NY ho cercato di mangiare sano: sushi, frutta, niente dolci e niente junkie food. E mi sono spennata.
Nella zona dove abito ci sono un sacco di locali dove mangiare ma sono tutti serali e quindi very expensive (molto costosi) per chi vuole semplicemente riempirsi lo stomaco. Invece sulle strade principali (Essex & Delancey St.) fioccano McDonald’s, Burger King’s, Subway,… tutti fast food.
Così finisce sempre che quando rincaso, tra le 18 e le 19, mi infilo in uno di quei posti.
Dopo tre giorni di fila mi faccio schifo e mi sento un botolo di ciccia. In compenso ho ancora un discreto numero di soldi (e di sensi di colpa).

L’altro giorno pensavo che in Italia molte ragazze sono spinte a dimagrire per poter entrare nei vestiti giovani e alla moda. Per chi ha una taglia dalla 48 in su, l’unica è vestirsi come delle signore di mezza età (vedasi Elena Mirò, Luisa Spagnoli,…) Questo perché in Italia, la maggior parte delle donne con quella taglie ha effettivamente 40-50 anni.
In America, invece, essendoci molte più ragazze in sovrappeso, le marche commerciano anche fino alla taglia 50 regolarmente.
Mi chiedo, quindi, se questa disponibilità di taglie non faccia desistere le persone dal dimagrire. Ingrassi? Compri la taglia più grande senza dover rinunciare al brand che ti piace e che hai sempre vestito.
Secondo voi sono le taglie più grosse a incentivare l’obesità o bisogna vedere il mercato tessile come riflesso della società in cui vende i suoi prodotti?

Ora che ci penso sono concetti da borderline italiana. Probbailmente anche una taglia 42 italiana penserà che se ingrassa si compra semplicemente la 44 o la 46. Beate loro!