La francesina che mostra l'ascella all'atlantico
Al secondo viaggio, il 24esimo giorno su 31, dopo 5 tentativi sono finalmente riuscita ad andare a vedere questa Statua della Libertà. Così ora potrò anche io fare la famosa battuta di Woody Allen che recita "L'ultima volta che sono stato in una donna è stato quando sono andato a vedere la Statua della Libertà". Ok, detta da un uomo fa ridere, detta da me no.
Per oggi davano pioggia, infatti sono uscita armata di capello degli Yankee (baseball cap) e di ombrelloo (umbrella) che per terra era ancora bagnato.
Baciata dalla fortuna sono arrivata in ritardo sull'orario consigliato (due ore prima dell'orario di visita della prenotazione) e non c'era ancora molta gente. Niente fila alla biglietteria, niente fila per imbarcarsi sul ferry. Mi sono anche potuta sedere sulle panchine del terzo piano, quelle all'aperto, in modo da potermi gustare il sopraggiunto sole ed il panorama. Ovviamente come siamo partiti tutti si sono alzati e affacciati alla ringhiera per le foto ricordo, così non ho visto molto.
Il ferry prima sbarca su Liberty Island, dove c'è un ulteriore screening della sicurezza per chi vuole accdere alla Statua, stavolta con macchine ultramoderne e ultra sofisticate che somigliano più alla macchina della TAC che a uno scanner di quelli che si vedono negli aeroporti.
Potentissimo, questo superscanner ti inondava di campi elettromagnetici al punto che si spostavano i vestiti come se ci fosse stato un getto di aria dal basso (ho controllato ma non c'erano bocchette).
Poi finalmente l'accesso alla Statua, cioè al piedistallo, visto che più su non si può più andare.
Il famoso soffitto di plexiglass è in realta fatto di due piccole lastre trasparenti attraverso le quali si può scorgere metà della struttura interna. Un ranger (Liberty Island & Ellis Island sono due parchi nazionali) accendeva la luce se c'era gente e poi tutti a fare i 24 gradini che portavano alla sommità del piedistallo. Panorama magnifico, isole tenute divinamente con erba come nei film (tipo Desperate Houswives).
All'ingresso del piedistallo un piccolo museo spiega la storia della statua, mostra gli studi fatti circa la struttura interna, illustra come sono stati trovati i soldi, le prove di costruzione a Parigi, etc etc
Ci sono inoltre le ricostruzioni in dimensioni reali del volto della statua, del piede e la torcia precedentemente installata (quella originale in vetro, sostituita nel 1990 con una d'oro che non richiede corrente elettrica per scintillare).
Non son stata in molte statue celebri, forse statue statue solo nel San Carlone ad Arona. Poi ho "scalato" la cupola di San Pietro in Vaticano. Esperienze che mi hanno fatto passare la voglia di scalare la Torre di Pisa (con conferma di mio padre che è stato visibilmente provato dall'esperienza) e di andare sulla Tour Eiffel (anche perché costava una cifra a prendere l'ascensore e a piedi ci si metteva mezzora).
Invece la francesina che mostra l'ascella all'Atlantico è molto ordinata nella struttura. Per arrivare in cima, dove prima dell'11 settembre si poteva andare) ed arrivare alla corona, c'è una stretta scala a chiocciola che è visibile nella prima foto. Il piedistallo è comunque ben sistemato, dipinto, con solide scale in ferro, ascensore, ascensore di emergenza e così via. Per cui, se anche avete 80 anni non scoraggiatevi: con le vostre gambe dovrete fare solo 24 comodi gradini che possono accomodare anche due persone per volta e sono dotati di solidi corrimano.
Finito su Liberty Island, dove a parte i soliti chioschi di junkie food, l'ufficio informazioni, il negozio di gagdet (con gli armadietti dove lasciare la borse più grosse e gli zaini) e i tavoli all'aperto non c'era molto altro, ci si re-imbarca sul ferry e si va a Ellis Island.
Ellis island, in passato anche nota come Oyster island, prende il nome dal suo proprietario (fino al 1870) . Per ventidue anni ha ospitato gli uffici dell'immigrazione dove approdavano i transatlantici stracolmi di immigrati. Qui venivano accolti, visitati, intervistati e potevano ottenere la cittadinanza americana.
Ellis Island è un complesso di due isole: sulla principale c'è l'edificio vero e proprio, che ospita il museo. Sull'adiacente c'è quello che una volta era il "lazzaretto" dove venivano confinati i malati in attesa di venire reimbarcati, guarire o morire.
Nel palazzo principale è stato allestito un museo, ma l'atmosfera da inizio 1900 permane tuttora e ricorda un po' i vecchi ospedali con le piastrelle bianche e lucide, il pavimento in cotto e gli infissi in legno. Al primo piano si trovano anche i fastfood e lo shop, mentre il secondo ed il terzo sono parzialmente adibiti all'esposizione.
Al secondo piano vengono esposte gigantografie delle foto dell'epoca che mostrano gli immigrati, con brevi stralci delle loro testimonianze ad arricchire le normali didascalie. Ovviamente è tutto in inglese, ma se lo sapete ne apprezzerete molto la scorrevolezza e la leggibilità.
In una stanza, quella della visita medica, spiegavano e mostravano i test di intelligenza a cui erano sottoposti gli immigrati. Le persone con un deficit mentale o con malattie fisiche venivano respinte. Anche le donne sole non venivano accettate. Capitava che dovessero aspettare il marito o la famiglia che sarebbero sbarcati di lì a qualche tempo, in tal caso restavano confinate sull'isola pur senza avere fatto niente. I test di intelligenza erano come i giochi per infanti della Chicco: venivano dati dei solidi di legno che andavano infilati nella formina corrispondente. Cose banali, tipo un parallelepipedo a base quadrata da infilare nella formina quadrata, uno romboidale, uno rotondo, uno a stella,...
Venivano fatti dei test di alfabetizzazione. Veniva chiesto di disegnare la forma di un diamante. La gigantografia evidenzia i disegni fatti da: persone che non avevano mai tenuto in mano una matita, persone che la avevano già tenuta in mano, persone che l'avevano tenuta in mano e avevano frequentato meno di un anno di scuola. Le differenze tra gli ultimi e gli altri erano notevoli.
29 domande erano l'intervista standard sottoposta dagli ispettori agli immigrati. Tra cui quanti soldi avessero dietro (min $25) perchè non volevano barboni. Molti non avevano quei soldi e magari bluffando sono stati ammessi lo stesso.
Arrivava gente da ogni dove: nord europa, centro europa, europa meridionale, africa, messico, sudamerica, cina, turchia, asia,...
Attraverso Ellis Island sono entrati 12 milioni di immigrati, al punto che 100 milioni di americani oggi possono vantare antenati sbarcati lì. Il giorno con picco massimo ha visto 11.000-12.000 persone ispezionate.
Per regolare l'immigrazione erano istituite delle quote massime mensili a seconda dei paesi di origine. Per evitare di riportare indietro molta parte degli imbarcati le navi restavano ormeggiate nel porto in modo da sbarcarvi a inizio mese, quando le possibilità di rifiuto erano minime. Tuttavia circa l'1-2% degli immigrati è stato respinto.
1/3 degli immigrati è rimasto a NY, mentre la restante frazione s'è distribuita per il paese.
Al terzo piano c'è un esposizione di oggetti donati dai discendenti degli immigrati al museo. Si vedono la teca della famiglia russa, di quella turca, di quella svedese,...
All'interno del paese erano sorti dei movimenti anti-immigrati, alcune foto mostravano cartelli che reclamavano di volere solo bianchi nel loro quartiere.
Un cinese raccontava di uscire raramente da Chinatown perché spesso erano spogliati e derubati quando si addentravano in altre zone di New York.
Chinatown e Little Italy (quella intorno a Mulberry Street) erano i quartieri più difficili.
Su Ellis Island ho anche assaggiato il fudge: è come una mousse di cioccolato (vari tipi e gusti) rappressa ma non dura come la barretta a cui siamo abituati in Italia. Se ne fa una teglia e la si divide in tanti cubetti. Dopo metà ero sazia: maledette dosi XXXL americane!
Bellissimi i giardini di Liberty Island con arredi in stile Liberty di ghisa, se non fosse per le fiotte di turisti sarebbe bello passarci una giornata!
E per finire, la metto solo per Kenny, l'ascella della francesina.
Per oggi davano pioggia, infatti sono uscita armata di capello degli Yankee (baseball cap) e di ombrelloo (umbrella) che per terra era ancora bagnato.
Baciata dalla fortuna sono arrivata in ritardo sull'orario consigliato (due ore prima dell'orario di visita della prenotazione) e non c'era ancora molta gente. Niente fila alla biglietteria, niente fila per imbarcarsi sul ferry. Mi sono anche potuta sedere sulle panchine del terzo piano, quelle all'aperto, in modo da potermi gustare il sopraggiunto sole ed il panorama. Ovviamente come siamo partiti tutti si sono alzati e affacciati alla ringhiera per le foto ricordo, così non ho visto molto.
Il ferry prima sbarca su Liberty Island, dove c'è un ulteriore screening della sicurezza per chi vuole accdere alla Statua, stavolta con macchine ultramoderne e ultra sofisticate che somigliano più alla macchina della TAC che a uno scanner di quelli che si vedono negli aeroporti.
Potentissimo, questo superscanner ti inondava di campi elettromagnetici al punto che si spostavano i vestiti come se ci fosse stato un getto di aria dal basso (ho controllato ma non c'erano bocchette).
Poi finalmente l'accesso alla Statua, cioè al piedistallo, visto che più su non si può più andare.
Il famoso soffitto di plexiglass è in realta fatto di due piccole lastre trasparenti attraverso le quali si può scorgere metà della struttura interna. Un ranger (Liberty Island & Ellis Island sono due parchi nazionali) accendeva la luce se c'era gente e poi tutti a fare i 24 gradini che portavano alla sommità del piedistallo. Panorama magnifico, isole tenute divinamente con erba come nei film (tipo Desperate Houswives).
All'ingresso del piedistallo un piccolo museo spiega la storia della statua, mostra gli studi fatti circa la struttura interna, illustra come sono stati trovati i soldi, le prove di costruzione a Parigi, etc etc
Ci sono inoltre le ricostruzioni in dimensioni reali del volto della statua, del piede e la torcia precedentemente installata (quella originale in vetro, sostituita nel 1990 con una d'oro che non richiede corrente elettrica per scintillare).
Non son stata in molte statue celebri, forse statue statue solo nel San Carlone ad Arona. Poi ho "scalato" la cupola di San Pietro in Vaticano. Esperienze che mi hanno fatto passare la voglia di scalare la Torre di Pisa (con conferma di mio padre che è stato visibilmente provato dall'esperienza) e di andare sulla Tour Eiffel (anche perché costava una cifra a prendere l'ascensore e a piedi ci si metteva mezzora).
Invece la francesina che mostra l'ascella all'Atlantico è molto ordinata nella struttura. Per arrivare in cima, dove prima dell'11 settembre si poteva andare) ed arrivare alla corona, c'è una stretta scala a chiocciola che è visibile nella prima foto. Il piedistallo è comunque ben sistemato, dipinto, con solide scale in ferro, ascensore, ascensore di emergenza e così via. Per cui, se anche avete 80 anni non scoraggiatevi: con le vostre gambe dovrete fare solo 24 comodi gradini che possono accomodare anche due persone per volta e sono dotati di solidi corrimano.
Finito su Liberty Island, dove a parte i soliti chioschi di junkie food, l'ufficio informazioni, il negozio di gagdet (con gli armadietti dove lasciare la borse più grosse e gli zaini) e i tavoli all'aperto non c'era molto altro, ci si re-imbarca sul ferry e si va a Ellis Island.
Ellis island, in passato anche nota come Oyster island, prende il nome dal suo proprietario (fino al 1870) . Per ventidue anni ha ospitato gli uffici dell'immigrazione dove approdavano i transatlantici stracolmi di immigrati. Qui venivano accolti, visitati, intervistati e potevano ottenere la cittadinanza americana.
Ellis Island è un complesso di due isole: sulla principale c'è l'edificio vero e proprio, che ospita il museo. Sull'adiacente c'è quello che una volta era il "lazzaretto" dove venivano confinati i malati in attesa di venire reimbarcati, guarire o morire.
Nel palazzo principale è stato allestito un museo, ma l'atmosfera da inizio 1900 permane tuttora e ricorda un po' i vecchi ospedali con le piastrelle bianche e lucide, il pavimento in cotto e gli infissi in legno. Al primo piano si trovano anche i fastfood e lo shop, mentre il secondo ed il terzo sono parzialmente adibiti all'esposizione.
Al secondo piano vengono esposte gigantografie delle foto dell'epoca che mostrano gli immigrati, con brevi stralci delle loro testimonianze ad arricchire le normali didascalie. Ovviamente è tutto in inglese, ma se lo sapete ne apprezzerete molto la scorrevolezza e la leggibilità.
In una stanza, quella della visita medica, spiegavano e mostravano i test di intelligenza a cui erano sottoposti gli immigrati. Le persone con un deficit mentale o con malattie fisiche venivano respinte. Anche le donne sole non venivano accettate. Capitava che dovessero aspettare il marito o la famiglia che sarebbero sbarcati di lì a qualche tempo, in tal caso restavano confinate sull'isola pur senza avere fatto niente. I test di intelligenza erano come i giochi per infanti della Chicco: venivano dati dei solidi di legno che andavano infilati nella formina corrispondente. Cose banali, tipo un parallelepipedo a base quadrata da infilare nella formina quadrata, uno romboidale, uno rotondo, uno a stella,...
Venivano fatti dei test di alfabetizzazione. Veniva chiesto di disegnare la forma di un diamante. La gigantografia evidenzia i disegni fatti da: persone che non avevano mai tenuto in mano una matita, persone che la avevano già tenuta in mano, persone che l'avevano tenuta in mano e avevano frequentato meno di un anno di scuola. Le differenze tra gli ultimi e gli altri erano notevoli.
29 domande erano l'intervista standard sottoposta dagli ispettori agli immigrati. Tra cui quanti soldi avessero dietro (min $25) perchè non volevano barboni. Molti non avevano quei soldi e magari bluffando sono stati ammessi lo stesso.
Arrivava gente da ogni dove: nord europa, centro europa, europa meridionale, africa, messico, sudamerica, cina, turchia, asia,...
Attraverso Ellis Island sono entrati 12 milioni di immigrati, al punto che 100 milioni di americani oggi possono vantare antenati sbarcati lì. Il giorno con picco massimo ha visto 11.000-12.000 persone ispezionate.
Per regolare l'immigrazione erano istituite delle quote massime mensili a seconda dei paesi di origine. Per evitare di riportare indietro molta parte degli imbarcati le navi restavano ormeggiate nel porto in modo da sbarcarvi a inizio mese, quando le possibilità di rifiuto erano minime. Tuttavia circa l'1-2% degli immigrati è stato respinto.
1/3 degli immigrati è rimasto a NY, mentre la restante frazione s'è distribuita per il paese.
Al terzo piano c'è un esposizione di oggetti donati dai discendenti degli immigrati al museo. Si vedono la teca della famiglia russa, di quella turca, di quella svedese,...
All'interno del paese erano sorti dei movimenti anti-immigrati, alcune foto mostravano cartelli che reclamavano di volere solo bianchi nel loro quartiere.
Un cinese raccontava di uscire raramente da Chinatown perché spesso erano spogliati e derubati quando si addentravano in altre zone di New York.
Chinatown e Little Italy (quella intorno a Mulberry Street) erano i quartieri più difficili.
Su Ellis Island ho anche assaggiato il fudge: è come una mousse di cioccolato (vari tipi e gusti) rappressa ma non dura come la barretta a cui siamo abituati in Italia. Se ne fa una teglia e la si divide in tanti cubetti. Dopo metà ero sazia: maledette dosi XXXL americane!
Bellissimi i giardini di Liberty Island con arredi in stile Liberty di ghisa, se non fosse per le fiotte di turisti sarebbe bello passarci una giornata!
E per finire, la metto solo per Kenny, l'ascella della francesina.
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