Agosto a New York

un primo viaggio a New York nel febbraio 2006 ho deciso di passarci anche tutto agosto. La mia guida Lonely Planet diceva che agosto è calduccio, intorno ai 28°C, e che i new yorchesi non perdono occasione di scappare al mare o in montagna appena possono. Ai turisti, invece, veniva consigliato di mettersi la crema solare e di godersi New York. Temperatura massima odierna: 39°C

giovedì, agosto 31, 2006

Valigie

























Stasera mi sono lavata, ho stirato i capelli, ho fatto le valigie e ho pulito la stanza.
Domani mi trovo in mattinata con Deborah, per l'occasione in un giorno di ferie, ed alle 13 andiamo a vedere
Yankees vs. Detroit Tigers alle ore 13.05

Si prospettano ditone di gommapiuma, hot dog e coca cola.

Poi rientro a casa, chiusura delle valigie e metro per l'aeroporto!

Nel fare le valigie ho impegnato tutta la mia intelligenza cercando di sfruttare ogni minimo spazio. Le mutande sporche hanno riempito le scarpe e gli interstizi tra i tacchi, le cose piccole sono finite pure esse nelle scarpe. Una parte di una valigia è servita esclusivamente per la roba sporca (mammina, passerai un weekend lavatrice e ferro da stiro!).
La mia tecnica salvaspazio ha fruttato al punto che l'ultima mezza valigia (su due) l'ho fatta a casaccio visto che restavano poche cose.

Dal peso dovrei anche restare nei 25kg consentiti, ma chissà...forse i fatti sono sorpassati dalla speranza!
Ho anche impacchetato il trasformatore visto che c'è un'offerta su ebay. Però l'inserzione finisce domani durante il game e quindi dovrò farlo spedire da qualche anima pia. Alcuni libri che avevo ordinato su amazon (in verità tutti meno uno) non sono ancora arrivati e mi verranno girati dall'americana, per cui le lascio il ventilatore sperando che lo consideri uno scambio di favori e non un regalo.

Stranamente, ieri hanno iniziato a pulire la casa ma non ho ben capito come facciano, visto che procedono al ritmo di una stanza al giorno (considerato che la cucina è 15 mq...) e non riordinano, semplicemente spostano le cose. Ad ogni modo sono felice di abbandonare questo bagno lercio il cui lavandino ospita ormai un'infinità di cose (tra cui un ecosistema di microorganismi e batteri) che è impossibile usarlo allo scopo designato.

Anche se non ho conosciuto nessuno nel vero senso della parola, ci sono persone di cui comunque mi ricorderò.
C'è il signor Richard con cui ho conversato in italiano e mi ha regalato un libro di foto dello stato di New York, c'è Ronald che mi ha spiegato la differenza tra sheet e shit, tra ate eat hate heat,...e che volevo mandare a un casting di sosia di Nadal.
C'è la signora giapponese del banco al mercato il cui marito prepara un sushi favoloso, che mi sorride quando entro al mercato anche se non vado al suo banco.
E c'è il signore cinese (al 100% si chiamerà signor Liu) del deli all'angolo che tiene la gattina nel negozio dopo aver scritto sulla porta d'ingresso che non sono ammessi animali.
Tom, invece, è un agente immobiliare. Categoria prolifica di gente che non è particolarmente qualificata a fare qualcosa al pari degli assicuratori italiani. Mi ha lasciato la sua email per quando avrò bisogno di trovare un appartamento a NYC.

mercoledì, agosto 30, 2006

United we STRAND

Ho già parlato della famosa libreria Strand, della famose sede al 828 di Broadway( tra la 13esima e la 14 esima strada) quella delle 18 miglia di libri, cioè tre milioni di volumi nuovi e usati.
Ovvimente per stipare tutto quel popò di carta si adottano le classiche librerie e si mandano a benedire i buoni propositi di pulizia ed ordine. I libri sono anche su due strati, in orizzontale, in verticale, obliqui, 20 copie per libro, in offerta, prove di stampa, rivisti, nuovi scontati, nuovi in promozione, appena usciti, audio, in braille, in ebraico, sui neri, sul sesso, sulle religioni europee orientali...e su quelle occidentali, sui gay&lesbiche, per i bambini, per i bambini gay, per le bambine in amore, illustrati, comici, a fumetti, con copertina rigida, oversized, d'epoca,...

Non ci sono antifurti che si possano definire tali. Non sui libri, forse sul merchandising. All'ultimo piano, quello dei libri d'epoca dove si possono trovare le copie autografate di Henry Miller o i libri d'arte che sono arte, o i libri di arte che sono dei capolavori di tipografia ($1750 uno di Andy Warhol) non si possono:
1) portare libri delle altre sezioni
2) portare borse

Lo staff è poco cortese, per nulla se si considerano gli standard locali. Siccome i libri sono esposti per genere e indi per autore, può capitare che per vedere i libri di un nobel si debba prendere la scala da imbianchino e poi trovarsi sotto il naso i libretti di serie C. Non è facile curiosare da Strand. Gli spazi tra le librerie sono molto stretti e ci passano due persone di traverso. Quindi ogni 3 secondi bisogna spostarsi per fare passare qualcuno e non ci si può perdere a leggere il primo libro che capita. Sedie poi, neanche a parlarne. I più tenaci si siedono per terra bloccando del tutto il passaggio.
Eppure ogni volta che vado da Strand compro qualcosa. Un po' perchè tutta la fatica fatta per imparare l'inglese, i soldi spesi per i dvd, le grammatiche, i dizionari, le ore passate a tradurre e a leggere in lingua stanno fruttando: posso finalmente leggere in lingua originale e capire il 90% di quello che leggo. E quindi se posso leggermi un autore in lingua lo faccio, ed il posto più comodo per farlo è andare da Strand, dare una veloce sfogliata al libro per capire se è un inglese che riesco a capire abbastanza scorrevolmente da rendermi la lettura piacevole, sopportare i commessi ed infilare il libro in valigia.

Amazon è conveniente per chi vive negli USA, dove le spese di spedizione sono $3.49 e i libri partono da $0.01. La spedizione internazionale costa un po' di più, circa $8, quindi la convenienza c'è solo se si paragona il prezzo del libro preso su Amazon con il prezzo del libro importato nelle librerie.


Oggi ho preso: Paul Auster - New York Trilogy $11.50

Mi sarebbe piaciuto leggerlo a NY, ma purtroppo non farò in tempo.
Precedenti acquisti:
vari libruncoli da donne, leggeri e facili che mi sono serviti ad ingranare con l'inglese.
Una raccolta di strisce dei Peanuts
un libro di Roald Dahl per bambini più vecchio di me (ha 28 anni!)
Il giardino segreto, che mi era piaciuto molto da piccola
un libro di psicologia-etologia felina che spiega come i gatti ci vedono
una raccolta di storie di un giovane esordiente
ancora Paul Auster - Oracle night

Via Amazon ho ordinato tre libri di Woody Allen e la biografia di Rebecca Walker.
Per ora è arrivato solo uno di Woody, gli altri spero arrivino per tempo altrimenti sono già d'accordo con Erica affinché me li giri.

Shop 'til you drop! (compra finché puoi)


Il motto nazionale americano, a parte il rispolverato e very patriotic "United we stand" (Uniti noi stiamo) post-11 settembre, è quello nel titolo.
Io l'ho applicato alla perfezione anche perché non ho avuto gli effetti collaterali che sono invece comparsi in Deborah (senso di colpa, tendenza a nascondere il numero di sacchetti con cui si rientra a casa, ragionamenti altruistici per giustificare le spese,...).

E con me è affondata anche la mia carta di credito!

martedì, agosto 29, 2006

Isamu Noguchi Garden Museum

Il museo è situtato a Queen, lontano dalla fermata della metro (20 mins a piedi) ed in mezzo ad un quartiere industriale siccome il museo stesso è una ex fabbrica. Il museo è nato per volontà di Noguchi stesso nel 1984, quattro anni prima della sua morte. Nel 2004 è andato incontro ad un massiccio restauro che ha stupefacentemente coordinato l'austerità di una capannone con un'arte che si riallaccia alla natura sia per la semplicità delle forme che per la scelta dei materiali.

Il piccolo giardino è una vera perla: ben curato, verde, con alberi grandi ma non altissimi e sganciati dal pubblico, bensì di un'altezza proporzionata all'uomo in modo da tenere la natura stessa nell'insieme del giardino e non SOPRA lo stesso.
Grossi ciottoli riempiono il terreno tra il percorso pedonale in cemento e le varie sculture e piante.

Per maggiori info e foto delle opere: http://www.noguchi.org

Ecco un paio di foto scattate da me ed un video di una fontana molto zen.



Isamu Noguchi


Isamu Noguchi, figlio di padre giapponese e madre americana, nacque negli USA ma trascorse l'infanzia in Giappone. Rispedito in America al college, lo interrompe per dedicarsi a tempo pieno alla scultura.
Le sue opere sono principalmente in granito e basalto e risaltano per la gretta naturalezza unita a forme armoniose. Ovviamente non disdegna anche altri materiali, come il ferro o il legno, ma sempre dando alle sue opere un aspetto sobrio, primitivo ma curato.
Fu per diversi mesi assistente di Brancusi, la cui influenza lo segnò palesemente (vedasi confronto fotografico) e la cui fama gli servì da trampolino di lancio. Nella sua carriera si occupò di sculture in ambito urbano, come per la Chase Manhattan Bank (vedi blog dei primi due giorni a NY), parchi per bambini, giardini pubblici e privati,...

Nella prima foto: Globular di Noguchi
Sotto: uccello di Brancusi
Ancora un altro Uccello d'oro di Brancusi
Infine: Noguchi: stivale-albero





















































Altre due opere simili: la canzone dell'uccello (Noguchi, a destra) chiaramente ispirata dalla famosa colonna senza fine del maestro Brancusi (sinistra).




























Le installazioni per esterno sono rielaborazioni dei monoliti primitivi (prima foto, sotto) che arrivano alla sintesi totale mostrata nelle ultime foto.









Dollhouse Footwear


Ho perso la testa per queste scarpine. La casa produttrice si chiama Dollhouse footwear ma non ha un sito web nè negozi monomarca. Ed io come faccio a provarle? Oggi ho provato il 10 ma zebrato, online c'è anche l'11 ma non spediscono fuori dagli USA. Certo potrei ordinarle e farle spedire qui e poi farmele girare da Erica. Però in tal caso non potrei provarle (è possibile rispedirle indietro gratis, ma sempre all'interno degli USA). Ho cercato per un'ora i grandi negozi di scarpe newyorchesi per vedere se hanno queste scarpe. Una fatica trovarli! Alla fine i risultati dei negozi online subissano quelli dei negozi veri e propri. Quindi non ho altra scelta che girovagare per gli altri negozi della catena dove li ho visti oggi, anche se non tutti hanno il reparto scarpe (qui si usano molto i multistore)

Onion rings (anelli di cipolle)


Volevo scrivere un post su come la Debh si fosse ambientata bene alla cucina locale ma oggi non le sono stata da meno.
A pranzo ho mangiato dieci onion rings: cipolle fritte. Ed erano buonissimi!!!

sabato, agosto 26, 2006

You go first

"Vai prima tu" è una frase che ci si sente spesso dire a New York, per esempio quando si è in fila al bagno e si sta involontariamente rubando il posto di un'altra, o quando ci si incrocia per strada, o anche quando si vuole usare un qualsiasi servizio comune come il controlla-prezzi ai grandi magazzini.

Gli americani sono convinti che l'Italia sia un paese bellissimo (ok), dove si mangia in maniera eccellente (ok x2) e dove la gente è fantastica e cordiale (?).
Ma io in Italia mi ricordo solo di gente che mi frega il posto, di come anche solo scendere a prendere il latte possa rovinarti la mattinata, delle vecchiette vipere che non vedono a un cm dal proprio naso e ti sorpassano con nonchalance e delle occhiatacce che siamo ormai abituati a scambiarci quando in fila come a dire "ti ho visto, non ci provare a fregarmi".

In effetti, perchè rovinarsi la giornata e finire con il litigare per pisciare 2 minuti prima o uscire 5 minuti prima dal supermercato? Personalmente preferisco perdere i miei minuti e non coltivare l'amarezza in perfetto stile italiano.

In America applico delle semplici regole quando si presenta un "you go first":
1) se effettivamente c'ero prima io, ma l'altro è un lavoratore, gli dico "you are working, you go first" (Stai lavorando, quindi vai prima tu)
2) se c'ero prima io e non ho fretta, si instaura un "you go first" perpetuo, ma gli americani non amano perdere tempo ed in genere basta un'occhiata per capire chi ha più tempo da perdere. Se una donna è in giro con bambini, oppure se è un anziano/a, allora vince il più debole.
3) se ho fretta, vado io per prima e grazie sinceri.

De gustibus

Io e Deborah siamo state in classe assieme cinque lunghi anni, durante il liceo. Non ci siamo mai odiate ma neanche abbiamo legato in maniera particolare. Questi weekend newyorchesi, però, penso ce li ricorderemo almeno quanto le vicende scolastiche, anche se sono circoscritti in un lasso di tempo minore.
Di Deborah ho imparato che ha il chiodo fisso delle rane, infatti è usanza comune regalarle qualsiasi artefatto con le sembianze dell'anfibio. Questo posso spiegarlo con un ragionamento di freudiana memoria e richiamarmi alla famosa storia del rospo-principe che ha inventato il solito cesso-di-ragazzo per imbonirsi qualche fanciulla.

Quella dell'attrazione per i gorilla, no. Grazia, se mi leggi, illuminami!

Sugli uomini

Oggi ancora tempo di merda ma senza pioggia, domani sarà peggio. Mi sono vista con Deborah per pranzo e prima di sederci a tavola in Mulberry St. (Little Italy, quella vecchia) abbiamo gironzolato come apine per i negozietti di NoLiTa (NOrth of LIttle ITAly) e nel mercatino. Deborah ha scoperto una linea di cianfrusaglie cinesi che si chiama "New York Princess" e che, come si può immaginare dal nome, è tutta rosa e con gli strass. Al mercato ha avuto un momento di debolezza e ha preso l'album per le foto ed il portachiavi di New York Princess ma poi sono riuscita a farla rinsavire.
Più tardi, dopo un viaggetto in metro, Siamo tornate a parlare di uomini (quelli che non ci sono ma ci vorrebbero, e come diciamo noi!) visto che a NoLiTa vendevano le magliette con la scritta "Cercasi Mr. Right". Alla Debby non piacciono i neri, mentre a me piacciono quasi più dei bianchi. Però a lei piacciono i gorilla e non so come spiegarmelo, visto che i gorilla sono neri. Che si riferisca ai gorilla albini? Ad ogni modo giuro di averla vista crogiolarsi nell'invidia quando le ho narrato che il gorillone dello Zoo del Bronx mi ha guardato negli occhi!!!

Ma la cosa non mi ha inorgoglito per niente, secondo voi tra Alain Delon (nel lontano 1966) e il gorilla nella foto, chi la spunta?


venerdì, agosto 25, 2006

Finalmente mi sono ricordata come si inseriscono i video, così ho potuto mettee direttamente sul blog anche i video che avevo precedentemente introdotto ma che erano visibili solo cliccando sull'URL.
Festeggiamo con questo video trovato su YouTube che si intitola "Se cani e gatti possono farcela (a convivere) perchè non gli uomini?"
Tema attuale dopo le dichiarazioni di Berlusconi ai CL di Rimini. Chissà se pensa davvero quello che ha detto o se è il solito imbonitore che ti dice quello che vuoi sentirti dire.
Che bravo cattolico, Berlusconi: 2 mogli e 5 figli.

giovedì, agosto 24, 2006

Cucina Italiana

Reduce dalla faticosa giornata sulle isole, visto che sono stata in ballo 4 ore buone per vederle tutte, ho passato il pomeriggio a casa, anche perché era tornato brutto tempo. Dopo un po' mi sono rotta e ho deciso di cucinare qualcosa, ma cosa?
L'unica cosa che so fare è il risotto.
Così alle 18.15 ho preso e sono andata al supermercato più vicino (qui hanno in genere tante drogherie dove l'unico cibo fresco sono gli humburger, i sandwich e i beveroni) a prendere l'occorrente per fare il mio risotto ai porri.

Pensavo avrei speso un capitale, invece con $6.84 ho preso: riso cinese (niente arborio nè carnaroli in the USA), parmigiano già grattuggiato (parmesan), 3 porri (che però mi sa era scalogno, visto che c'era scritto scallion), una cipolla (quella che da noi si chiama cipolla bianca qui si chiama cipolla d'oro o spagnola, mentre la cipolla bianca è bianca come l'aglio) e il burro (che qui si può scegliere tra salato e non salato) e di dadi knorr (ho preso quelli al pollo, l'alternativa erano quelli al manzo, o quelli al pollo+ pomodoro).

Dopo un'ora (tempo normale per me) erano pronti i miei due piatti di risotto. Di certo non era il sapore che si ottiene in Italia ma gli ingredienti erano di qualità diversa, il riso era cinese, l'acqua del brodo newyorchese. Ad ogni modo un vago sapore casalingo mi ha fatto sorridere anche se cenavo da sola.
Qui le cucine italiane sono adattate ai gusti dei locali, cioè intrise di olio e di salse. Per nulla leggere come la cucina mediterranea!

In casa non c'era nessuno così me lo sono goduta in pace. Poi sono andata in bagno, dove giravano un paio di moscerini (mosquitos) e ho dovuto abbandonare la mia sporca vendetta (nel vero senso della parola "sporca") e ho imbraccato guanti, spugna e detergenti. Adess il bagno è tornato bianco, non c'è più la ruggine delle forcine, i barattoli hanno il loro tappo avvitato, etc etc.
Ma come cavolo si fa a vivere così nel lerciume? Ok la soglia di schifezza, però uno si fa la doccia per pulirsi: se il fondo della vasca è lercio e nero dubito che la doccia riesca.
Sono tentata di appendere un cartello con scritto "Ho pulito di nuovo le parti comune (volavano mosquitos), aiutatemi a tenerle vivibili."
E invece no, stringerò i denti e continuerò a cristare tra me e me.

La francesina che mostra l'ascella all'atlantico

Al secondo viaggio, il 24esimo giorno su 31, dopo 5 tentativi sono finalmente riuscita ad andare a vedere questa Statua della Libertà. Così ora potrò anche io fare la famosa battuta di Woody Allen che recita "L'ultima volta che sono stato in una donna è stato quando sono andato a vedere la Statua della Libertà". Ok, detta da un uomo fa ridere, detta da me no.

Per oggi davano pioggia, infatti sono uscita armata di capello degli Yankee (baseball cap) e di ombrelloo (umbrella) che per terra era ancora bagnato.
Baciata dalla fortuna sono arrivata in ritardo sull'orario consigliato (due ore prima dell'orario di visita della prenotazione) e non c'era ancora molta gente. Niente fila alla biglietteria, niente fila per imbarcarsi sul ferry. Mi sono anche potuta sedere sulle panchine del terzo piano, quelle all'aperto, in modo da potermi gustare il sopraggiunto sole ed il panorama. Ovviamente come siamo partiti tutti si sono alzati e affacciati alla ringhiera per le foto ricordo, così non ho visto molto.
Il ferry prima sbarca su Liberty Island, dove c'è un ulteriore screening della sicurezza per chi vuole accdere alla Statua, stavolta con macchine ultramoderne e ultra sofisticate che somigliano più alla macchina della TAC che a uno scanner di quelli che si vedono negli aeroporti.
Potentissimo, questo superscanner ti inondava di campi elettromagnetici al punto che si spostavano i vestiti come se ci fosse stato un getto di aria dal basso (ho controllato ma non c'erano bocchette).

Poi finalmente l'accesso alla Statua, cioè al piedistallo, visto che più su non si può più andare.
Il famoso soffitto di plexiglass è in realta fatto di due piccole lastre trasparenti attraverso le quali si può scorgere metà della struttura interna. Un ranger (Liberty Island & Ellis Island sono due parchi nazionali) accendeva la luce se c'era gente e poi tutti a fare i 24 gradini che portavano alla sommità del piedistallo. Panorama magnifico, isole tenute divinamente con erba come nei film (tipo Desperate Houswives).


All'ingresso del piedistallo un piccolo museo spiega la storia della statua, mostra gli studi fatti circa la struttura interna, illustra come sono stati trovati i soldi, le prove di costruzione a Parigi, etc etc
Ci sono inoltre le ricostruzioni in dimensioni reali del volto della statua, del piede e la torcia precedentemente installata (quella originale in vetro, sostituita nel 1990 con una d'oro che non richiede corrente elettrica per scintillare).
















Non son stata in molte statue celebri, forse statue statue solo nel San Carlone ad Arona. Poi ho "scalato" la cupola di San Pietro in Vaticano. Esperienze che mi hanno fatto passare la voglia di scalare la Torre di Pisa (con conferma di mio padre che è stato visibilmente provato dall'esperienza) e di andare sulla Tour Eiffel (anche perché costava una cifra a prendere l'ascensore e a piedi ci si metteva mezzora).

Invece la francesina che mostra l'ascella all'Atlantico è molto ordinata nella struttura. Per arrivare in cima, dove prima dell'11 settembre si poteva andare) ed arrivare alla corona, c'è una stretta scala a chiocciola che è visibile nella prima foto. Il piedistallo è comunque ben sistemato, dipinto, con solide scale in ferro, ascensore, ascensore di emergenza e così via. Per cui, se anche avete 80 anni non scoraggiatevi: con le vostre gambe dovrete fare solo 24 comodi gradini che possono accomodare anche due persone per volta e sono dotati di solidi corrimano.

Finito su Liberty Island, dove a parte i soliti chioschi di junkie food, l'ufficio informazioni, il negozio di gagdet (con gli armadietti dove lasciare la borse più grosse e gli zaini) e i tavoli all'aperto non c'era molto altro, ci si re-imbarca sul ferry e si va a Ellis Island.

Ellis island, in passato anche nota come Oyster island, prende il nome dal suo proprietario (fino al 1870) . Per ventidue anni ha ospitato gli uffici dell'immigrazione dove approdavano i transatlantici stracolmi di immigrati. Qui venivano accolti, visitati, intervistati e potevano ottenere la cittadinanza americana.

Ellis Island è un complesso di due isole: sulla principale c'è l'edificio vero e proprio, che ospita il museo. Sull'adiacente c'è quello che una volta era il "lazzaretto" dove venivano confinati i malati in attesa di venire reimbarcati, guarire o morire.

Nel palazzo principale è stato allestito un museo, ma l'atmosfera da inizio 1900 permane tuttora e ricorda un po' i vecchi ospedali con le piastrelle bianche e lucide, il pavimento in cotto e gli infissi in legno. Al primo piano si trovano anche i fastfood e lo shop, mentre il secondo ed il terzo sono parzialmente adibiti all'esposizione.
Al secondo piano vengono esposte gigantografie delle foto dell'epoca che mostrano gli immigrati, con brevi stralci delle loro testimonianze ad arricchire le normali didascalie. Ovviamente è tutto in inglese, ma se lo sapete ne apprezzerete molto la scorrevolezza e la leggibilità.

In una stanza, quella della visita medica, spiegavano e mostravano i test di intelligenza a cui erano sottoposti gli immigrati. Le persone con un deficit mentale o con malattie fisiche venivano respinte. Anche le donne sole non venivano accettate. Capitava che dovessero aspettare il marito o la famiglia che sarebbero sbarcati di lì a qualche tempo, in tal caso restavano confinate sull'isola pur senza avere fatto niente. I test di intelligenza erano come i giochi per infanti della Chicco: venivano dati dei solidi di legno che andavano infilati nella formina corrispondente. Cose banali, tipo un parallelepipedo a base quadrata da infilare nella formina quadrata, uno romboidale, uno rotondo, uno a stella,...

Venivano fatti dei test di alfabetizzazione. Veniva chiesto di disegnare la forma di un diamante. La gigantografia evidenzia i disegni fatti da: persone che non avevano mai tenuto in mano una matita, persone che la avevano già tenuta in mano, persone che l'avevano tenuta in mano e avevano frequentato meno di un anno di scuola. Le differenze tra gli ultimi e gli altri erano notevoli.

29 domande erano l'intervista standard sottoposta dagli ispettori agli immigrati. Tra cui quanti soldi avessero dietro (min $25) perchè non volevano barboni. Molti non avevano quei soldi e magari bluffando sono stati ammessi lo stesso.
Arrivava gente da ogni dove: nord europa, centro europa, europa meridionale, africa, messico, sudamerica, cina, turchia, asia,...

Attraverso Ellis Island sono entrati 12 milioni di immigrati, al punto che 100 milioni di americani oggi possono vantare antenati sbarcati lì. Il giorno con picco massimo ha visto 11.000-12.000 persone ispezionate.
Per regolare l'immigrazione erano istituite delle quote massime mensili a seconda dei paesi di origine. Per evitare di riportare indietro molta parte degli imbarcati le navi restavano ormeggiate nel porto in modo da sbarcarvi a inizio mese, quando le possibilità di rifiuto erano minime. Tuttavia circa l'1-2% degli immigrati è stato respinto.

1/3 degli immigrati è rimasto a NY, mentre la restante frazione s'è distribuita per il paese.

Al terzo piano c'è un esposizione di oggetti donati dai discendenti degli immigrati al museo. Si vedono la teca della famiglia russa, di quella turca, di quella svedese,...
All'interno del paese erano sorti dei movimenti anti-immigrati, alcune foto mostravano cartelli che reclamavano di volere solo bianchi nel loro quartiere.
Un cinese raccontava di uscire raramente da Chinatown perché spesso erano spogliati e derubati quando si addentravano in altre zone di New York.
Chinatown e Little Italy (quella intorno a Mulberry Street) erano i quartieri più difficili.

Su Ellis Island ho anche assaggiato il fudge: è come una mousse di cioccolato (vari tipi e gusti) rappressa ma non dura come la barretta a cui siamo abituati in Italia. Se ne fa una teglia e la si divide in tanti cubetti. Dopo metà ero sazia: maledette dosi XXXL americane!

Bellissimi i giardini di Liberty Island con arredi in stile Liberty di ghisa, se non fosse per le fiotte di turisti sarebbe bello passarci una giornata!

E per finire, la metto solo per Kenny, l'ascella della francesina.


mercoledì, agosto 23, 2006

Pirla

Ho sbagliato giorno. Oggi è il 23 e non il 24. DOMANI statua della libertà.

5° viaggio inutile a Battery park...ma prima o poi riuscirò a salpare!!

martedì, agosto 22, 2006

Finalmente la Statua della Libertà

Ci sono andata 4 volte alla biglietteria e alla fine ho dovuto fare tutto online.
Siccome per entrare nella Statua della Libertà i posti sono pochi è necessario prenotarsi in anticipo online o telefonicamente visto che alla biglietteria cartacena restano disponibili solo pochissimi posti.
Siccome sto qui per un mese, non è una cattiva idea poter programmare la visita in modo da potere anche entrare nella Statua, almeno per rispetto ingegneristico.
Al momento si possono fare solo 24 gradini, ma non ho capito se sono i gradini del piedistallo o interni. Ad ogni modo spero che anche attraverso il finto soffitto di plexiglass si possa avere una vista decente che almeno ripaghi la fatica fatta per poterci entrare.

Il mio biglietto è valido dalle 10.45 alle 12.45, consigliano di presentarsi un paio di ore in anticipo in modo da essere sicuri di sbarcare sull'isola per tempo. Come potrò essere lì per le 8.45? Sono distrutta! Oggi faticavo a scendere le scale perché mi tiravano i muscoli posteriori della coscia e mi faceva molto male elongarli. Ogni tre giorni ho un nuovo acciacco!

Inoltre non si può portare quasi niente, il termine small bag è molto vago. Chissà se mi faranno sganciare la borsa al porto! Spero di poter portare il telefono così da fare qualche foto.
NB: tutte le foto su questo blog sono fatte con il mio cellulare eccetto quelle che ho fatto con Deborah e quelle prese online.

The Bronx Zoo

Oggi sono tornata nel Bronx, ma stavolta per andare al famoso zoo. Enorme, ben organizzato e tipicamente americano: ad ogni curva vendevano cibo salvo poi dire di non entrare in alcune zone con food & beverages (tutti se ne fregavano, così come del rispetto del silenzio o dello sbattere sui vetri).
Sono arrivata alle 12 e sono uscita alle 17, ora di chiusura, che avevo visto solo metà zoo.
All'interno dello zoo standard ci sono circa 6 attrazioni facoltative: Wild Asia monorail, un trenino lungo l'Asia "selvaggia", Bug Carousel (giostra classica a carosello), Butterfly Garden (farfallario), Skfari (safari in funivia), Children's house (fattoria dove è possibile toccare gli animali), Shuttle (trenino di collegamento veloce tra le varie zone dello zoo), Congo Forest (riscostruzione di una foresta con visita ai primati).
Io ho visto solo Congo Forest e preso lo shuttle e il Wild Asia Monorail. Per altro, non mi ricordavo che avevo il biglietto all inclusive ($25) e ho pagato Congo Forest ($3) inutilmente.
Però mi sono comportata da brava bambina e ho preso solo un gelato in tutta la permanenza allo zoo.

Ho visto da vicinissimo le pantere...non sapevo che si vedesse il manto leopardato! Mi ricordavano tanto i miei micini... penso di essere rimasta a sorridergli come una beota per 20 minuti. Impressionante la somiglianza di queste due foto. Martino, sei finito allo zoo per sbaglio?


Tempus fugit

Ieri sera ho fatto un riepilogo mentale delle cose che devo ancora vedere e mi sono addormentata mentre le elencavo.

Tra le salienti ci sono:
1) Statua della Libertà & Ellis island
2) John Lennon Memorial @ Central Park
3) Isamu Noguchi museum a Queens
4) PSI1 del MoMa a Queens
5) Harlem Market
6) Museum of African Art
7) Philadelphia
8) Bronx Zoo


Oggi vado a scambiare un paio di mutande da Victoria's secret (ho preso per sbaglio una L in un set di XL) e poi da Macy's a riportare un paio di jeans che hanno la gamba troppo corta.
Poi potrei andare a Queens ed indi al Bronx Zoo, che però chiude alle 17.
Quindi ora scappo!

NewYork by night

Domenica sera sono andata a cena don Deborah e Antonia da Luzzo's, una pizzeria di veri napoletani nel LES. Poi Antonia ci ha portato in auto a vedere lo skyline notturno da diverse località e così ho fatto il mio primo viaggio in auto negli USA. Guidano male, come i francesi, ma dalla loro hanno strade più ampie e quindi si nota meno. Possono sorpassare sia da destra che da sinistra, Deborah me lo aveva detto, ma sul momento m'è preso uno stroppone a vedere le macchine sfrecciare da ogni parte.

Purtroppo la mia macchina fotografica mi ha abbandonato da tempo. Sono poco propensa a comprare una batteria equivalente (l'ennesima): costa poco, sui €15-30, ma ho già provato due volte e non funziona. Di comprare una macchina fotografica adesso non ho proprio voglia. Mi resta poca disponibilità sulla carta di credito e non voglio finirla per una cosa che posso comprare anche in Italia.

Quindi l'unica foto che ho fatto è quella che vedete qua sotto. Per le altre bisogna aspettare che la Deborah "sviluppi" il suo CD di foto e me lo passi.



Parziale rivelazione


Forse ho capito perché le mie coinquiline sono così fredde. Sono nei guai, e sono neiguai per colpa mia.
Ieri sera rincasando ho trovato abbandonato sullo scrittoio un foglio firmato da tre ragazze, fra cui Britta & Erica,vdove si impegnavano con l'amministrazione del condominio a non utilizzare la stanza nel basament (cioè cantina) come camera da letto ma solo come area di svago.

Quella è la stanza più grande della casa e vi si accede tramite una scaletta a chiocciola che scende. Giù non ci sono finestre e tutto dipende dalla scala. Al momento ci sono due letti matrimoniali ed è la stanza dove dorme Erica più le ospiti che ultimamente la visitano. Ogni settimana almeno 2-3.

Non c'è una data sul foglio, ma temo che abbiano dovuto firmarlo perché qualcuno ha messo all'amministratore la pulce nell'orecchio. Ora, l'amministratore è Mr. Rico, che non ho idea di chi sia. Forse l'omone che si occupa di innaffiare il giardino? Sarà il marito di quella signora con tre micro-cani-come-topi che mi ha chiesto chi ero e cosa ci facevo in giardino?

Se la signora dei micro-cani-come-topi ha fatto un po' di matematica ha scoperto che ci sono 4 persone in un bilocale e si è chiesta come e dove ci stiamo. La stanza nel basement è grande quanto tutto l'appartamento al piano terra, strapiena di roba.

Forse le coinquiline sono arrabbiate perché ho detto alla signora che stavo da loro. Ma se non rispondevo era peggio!
E se non potevano affittarmi la stanza non dovevano farlo. Ancora 9 giorni e poi adieu.

lunedì, agosto 21, 2006

Shopping

Domenica sono andata con la Debby da Macy's a fare shopping (ormai è nella top ten dei posti dove vorrei rimanere chiusa per una notte ). Lei mi teneva a freno mentre io mi sentivo in paradiso. Presente quando da piccole sognavate di vivere in un cartone disney? Ecco dopo 23 anni di sogni repressi ho potuto anche io fare 4 ore a girare in uno shopping centre uscendone soddisfatta e con i sacchetti pieni di pantaloni.

Ci sono i saldi ed in più c'è lo sconto turisti dell'11%. Stasera ho fatto un po' di conti e la matematica mi ha riappacificato con i miei sensi di colpa. Con questa menata della tassa dello Stato di NY (8.735%) ho sempre considerato il rapporto euro-dollaro 1:1. Però siccome sui vestiti sotto i $110 (da Macy's $200) non ci sono le tasse, ed inoltre c'è lo sconto turisti, alla fine le cose si fanno vantaggiose. Forse anche i giapponesi in Italia si sentono come me a New York!

A proposito di giapponesi: gli uomini vanno a fare shopping come nella società occidentale fanno solo le donne. Quando sono andata l'ultima volta da Lohemann's con la Deb stavano comprando metà dei foulard firmati esposti!

Quando ho bisogno di consolarmi economicamente - perchè non è mica un impatto da poco risparmiare 11 mesi l'anno e poi passare un mese a viziarsi!- guardo l'estratto conto online della carta di credito, che riporta tutto in euro. Così scopro che la lavanderia che era costata BEN $34 mi ha preso SOLO €27.

O che la mini scandalosa (tipo 14enne) che mi sono presa contro la volontà della Deb (lei diceva che non mi ci posso sedere....vabbè starò in piedi!) è costata neanche €20! I vestiti attillati o che mostrano tanto incentivano alla cura del corpo!!

Salvatio mathematicae dimostra che in due giorni di shopping da Macy's (in totale ci sono andata 4 volte in 3 settimane) ho comprato 11 articoli per un totale di €200 e NESSUNO DI QUESTI E' UNA MAGLIA [lo scrivo grande per la mia mamma che si lamenta sempre che ho SOLO maglie...ma io aspetto che la moda cambi e vengano aboliti i pantaloni!]

Nel programma rientro compare una prova valigie da fare uno o due giorni prima di partire per verificare che ci stia dentro tutto. In caso contrario posso:
1) comprare una valigia più grande, sempre rispettando i vincoli delle lunghezze imposte dagli dei dei cieli e sistemare la più piccola (tipo pregando la Deborah di portarmela in Italy o cercando di venderla)
2) spedire un po' della roba con un pacco

Cioè o soldi o soldi. DEVE STARCI TUTTO!
Nel mio programma di rientro sta prendendo forma anche l'abbigliamento da indossare per il rientro. Più roba riesco a mettermi addosso più spazio resta per il bagaglio. Probabilmente sbarcherò a Malpensa conciata come una vera americana (leggi: vestita di merda).

Ho preso un sacco di braghette molto YMCA che spero non finiscano nel dimenticatoio: le notizie che arrivano da oltreoceano annunciano l'autunno padano. E i miei acquisti?!


Adesso che ho scoperto di avere la taglia 13-14 potrei anche arrischiare di ordinare dei vestiti online una volta rientrata in Italia, ammesso che sia possibile. Altrimenti potrei venire negli USA ogni tanto, durante i saldi, per rifornirmi di abiti. Opzione costosa (ma per me vale sempre la pena di venire qui) e che potrei fare, ad esempio, ad anni alterni costringendomi ad essere sempre fuori moda di una o due stagioni.

sabato, agosto 19, 2006

Museo dei Trasporti

Un museo particolare e marginale, ma secondo me moltointeressante, è il Transit Museum curato dalla stessa MTA [http://www.mta.nyc.ny.us/mta/museum/index.html]. Situato in una vecchia stazione metropolitana di Brooklyn (Court St.), il museo illustra la storia dei trasporti di New York.
La città è composta da 5 zone, di cui e 3 su isole. Un terzo della superficie di New York è acqua, per cui la costruzione di metropolitane (anche sottacqua) e di ponti è stato elemento essenziale allo sviluppo.
Il cosiddetto Triborough Bridge è un insieme di ponti che mette in comunicazione le tre zone. I principali quattro ponti di New York, costruiti tra il 1883 ed il 1909, sono (nell'ordine di costruzione): Brooklyn, Williamsburgh, Manhattan, Queensborough.
Nella cartina si presentano dal basso verso l'alto seguendo l'ordine BMW.
Nella città sono presenti altri ponti, sia fissi che mobili, come il famoso ponte di Verrazzano (che loro chiaman Verrazano).

La mostra spiega come fu costruita la metropolitana (nel giro di 25 anni la prima rete era attiva) e l'espansione della rete che iniziamente serviva solo downtown manhattan alle condizioni attuali. Dagli studi geologici su tutto il territorio alla scelta della profondità in cui far passare la metro, a come garantire che i palazzi soprastanti non crollassero e al reclutamento di forza lavoro. La maggior parte degli operai era italiana, seguita dai neri. Migliaia hanno perso la vita in servizio, chi per via delle frane chi per incidenti di percorso.


Gli operai che lavoravano alla costruzione delle linee sottomarine erano i più rispettati, nonchè i più pagati e godevano di un certo prestigio tra la forza lavoro. La foto sopra mostra uno spaccato dal basso verso l'alto della pavimentazione stradale. Radici di alberi, tubi del gas, fogne, tubi con i cavi della TV, ...






Stipendi medi giornalieri nel 1915:
Trasportatori $4.50
Ingegnere $4
Fabbro $2.75
Pompiere $2
Aiuto fabbro $1.50
Sovrintendente $3,5-4
Operaio $1.50

E costi della vita:
Una pinta di birra 5 cent
una bombetta $2
una mela 2 cent/libbra
hotdog 5 cent
taglio di capelli 10 cent
cinema 9 cent

***
L'hanno capito subito che non ci si poteva fidare della gente e hanno prestissimamente introdotto il TURNSTILE. I primi erano in legno, successivamente erano azionati a pedale dal bigliettaio in modo da sgamare eventuali "saltatori".
In seguito è stato introdotto l'uso del gettone (1976) ma erano esposti anche 50 tipi di "falsi" equivalenti comunemente usati.
Il passo successivo furono quelli azionati a monete (un po' come sulle autostrade francesi) e infine negli anni '90 è stata introdotta la banda magnetica. Attualmente è in via sperimentale il metodo a onde radio (come a Londra e Parigi) per cui basta avvicinare un chip (senza dover estrarre la carta, basta sfregare le borsa/portafogli).


Qui a fianco: un moderno turnistile.












L'esposizione si concludeva con la possibilità di visitare le varie carrozze utilizzate. Si notino i sistemi di ventilazione!! Ho provato i sedili in paglia: assai scomodi!






























Qui sotto: uno spazzaneve su rotaia
Nell'ultima foto: particolare di carrozza anni '60 con locandina del film Gli Uccelli.






























Chi la dura non la vince

Finalmente scrivo l'ultimo capitolo della saga della lavanderia ma con l'amaro in bocca.
Loro dichiarano che la macchia è stata tolta..grazie, potevo toglierla anche io se tagliavo i pantaloni!

CHE RABBIA!!!!
4 giorni ci sono andata per vedere di riavere 'sti pantaloni puliti e verdi, quanto tempo perso.

venerdì, agosto 18, 2006

Yankees kick Boston's butt

(Gli Yankee prendono a calci in culo il Boston)

L'unica volta che ho preso in mano una mazza da baseball è stato nel ripostiglio della palestra durante l'ora di educazione fisica alle medie. Per giocare usavamo quella in plastica da bambini.
Non ho mai capito bene le regole se non che c'è da correre e già quando si corre non mi piace più molto.
Oggi ho camminato a lungo dal Rockfeller Center (sulla 47-50esima) fino alla zona di Times Square (sulla 42esima), quella famosa per il cartelloni fatti coi led che rivestono i grattacieli, il Nasdaq, Madame Tussaud, i musical sulla Broadway e ora anche per i bagarini da turisti (7 maglie I LOVE NY a $10.99).
Sono andata nello Yankee Store #1, ce ne sono sei in tutto lo stato e 5 di essi sono a NYC.
Ho preso un cappellino da baseball stile strausato. Non so perchè. Forse è il simbolo di NY. E poi non so perchè ho preso quello degli Yankee e non quello dei Mets. (I Mets sono un po' l'Inter di NY)
Almeno quando andrà al Yankee Stadiuma a vedere un match sarò attrezzata. Io voglio comprare anche il ditone gigante con la scritta GO YANKEES GO ma la Deborah sarà al mio fianco per impedirlo. Abbiamo già concordato che però l'hotdog è d'obbligo (io so già che ne prenderò almeno due ed entrambi con la mustard).

Ho scoperto anche, che volendo completare il mio kit da Yankees' fan, con $12.99 posso prendermi la t-shirt originale da Modell's. Infatti entro nella taglia L da bambini (i bambini americani sono molto grossi) e posso quindi prendere le maglie che costano poco.

W i bambini che tifano Yankees!

Sotto: bambina che tifa Yankee (neanche io so le regole)

Pranzo italiano

Per celebrare la nuova testa mi sono infilata nel primo ristorante italiano che ho incontrato ed è stato ancora un colpo di fortuna.
Non solo per la prima volta in venti giorni ho mangiato a un tavolo con la tovaglia ed il tovagliolo di stoffa, le posate di metallo e niente odore di fritto, ma pure i camerieri erano molto simpatici e ho mangiato molto bene (al punto che ho anche lasciato una congrua mancia)

Ho mangiato come antipasto la caprese (la mozzarella di bufala come si mangia in Italia esiste solo in Italia. Ma qui non hanno i bufali? O dite che la importano?) e poi un coso dal nome strano, mai sentito ma italiano, tipo ANG...... al limone.
Era una carne morbidissima cucinata come le scaloppine, in più c'erano i capperi nel sugo.
Una goduria! Mai assaggiata una carne così morbida (carne bianca)
Cuoco lucchese, a cui ho mandato i complimenti per la carne. Peccato non mi ricordi il nome

Per il dessert ho chiesto al cameriere messicano di portarmi il suo preferito e mi ha portato un tiramisù molto buono (variante americana senza alcol, poco cacao e perfetta per i bambini come me). Infine espresso (ogni volta ci provo, mi sto quasi abituando ma non mi arrendo!).

PEr gli interessati: Barbaresco Restaurant, 843 Lexington Avenue, 10021 NY

Nuova testa vecchie idee

Stamattina tutta truccatina e con un sonno della madonna sono andata al salone di Paul Labrecque dove lavora Valerie. [http://paullabrecque.com/]
Alla reception non sapevano niente e quando ho detto che ero lì per il taglio gratuito hanno storto il naso dicendomi "We do not do FREE haircut" (necessita di traduzione?)

Mi hanno fatto comunque salire e dopo qualche minuto è arrivata Valerie.
Il Salon Paul Labrecque non è solo un parrucchiere ma una vera e propria SPA, in Italia si trovano solo a Roma e Milano e alle terme. SPA deriva dall'acronimo latino "Salus per acquam", perchè erano appunto le terme romane i primi luoghi di benessere. In America SPA è entrato nel linguaggio comune per indicare un centro di benessere anche se non ha terme. Nelle SPA vengono offerti trattamenti di bellezza e di salute del corpo che includono massaggi, maschere epuranti, taglio di capelli, ...
Gli americani, uomini e donne, amano coccolarsi in questi posti (molto costosi) quando ne hanno il tempo. Siccome le persone che possono permettersi di andare nelle SPA sono in genere piene di soldi, le SPA aprono molto presto (tipo 8 del mattino) e chiudono molto tardi (ma qui è normale che un parrucchiere o un'estetista di unghie chiuda alle 22-23).

Il Salone di Paul Labrecque si trova nell'Upper East Side ed infatti era pieno di gente fighetta e piena di soldi. Il personale era composto di giovani maschi di bella presenza, qualche donna bruttina. La clientela era composta al 90% da gente orrenda di mezza età. Non che sperassi di trovarci Harrison Ford ma le SPA non sono sale operatorie di chirurgi plastici...
Facciamo che i carrozzieri stanno alle SPA come i meccanici stanno ai chirurghi plastici.

Il personale era per metà sottoimpiegato, tanto che avevo 4 paggetti che mi ronzavano intorno lanciando occhiate, facendo battutine. Mi chiedo quanto tiri su il signor Labrecque (che era presente) per mantenere tra i 10 e 15 dipendenti, una SPA di due piani nell'UES, una nel UWS nel Reebok Centre e la sua linea di prodotti per i capelli.
Due ragazzi erano assunti esclusivamente per spazzare per terra, uno era l'addetto bar (perchè sì, la salute passa dallo stomaco no? Allora facciamo anche il bar con tanto di frutta fresca, biscottini, tre tipi di caffè, 4 di thè, acqua a due temperature, frullatore per fare beveroni,...).
Dei rimanenti: tre tagliavano (incluso il signor Labrecque, Valerie e Tom), due tingevano, gli altri non ho capito. A questi si aggiungono le receptionist, una per piano, e la coordinatrice/programmatrice.

Per il salone girava una donna incinta flirtando come un'oca e bevendo e mangiando di tutto.
4-5 ragazzi erano come dei folletti che camminavano su e giù per il laboratorio senza un'apparente ragione. I maschi erano tutti con camicia fuori dalle braghe eleganti e infradito, con le sopracciglia fatte con la ceretta, bassi e tipo italiano-spagnoli.

Mi chiedevo prima come si mandi avanti un salone di quel calibro. Ecco in questa pagina i costi minimi del servizio parrucchiere: http://paullabrecque.com/html/services_1.html
Il signor Labrecque lavora attivamente nel salone, infatti le sue tariffe sono anche 4-5 volte quelle normali.
Nel mio caso, il costo minimo di taglio+piega è $145 +tax. Io ho avuto tutto gratuitamente. Da quel che ho capito iniziano tutti come shampisti/asciugatori e poi -dopo qualche prima sforbiciata per fare semplici ritocchini- vengono promossi a tagliatori. Valerie penso dovesse sostenere una prova di un vero taglio (nell'inserzione aveva precisato che non voleva fare un semplice ritocco).
Che culo che abbia scelto proprio me per fare la prova!

Per la prima volta in 23 anni esco dal parrucchiere soddisfatta della testa che ho e già dispiaciuta per come non sarò in grado di riprodurla perfettamente a casa. Ho detto a Valerie che mi dispiace che viviamo in due continenti differenti perché ha fatto davvero un gran bel lavoro.
Dopo aver finito il mio taglio & piega ho aspettato 30 min perché il capo si liberasse e vedesse il lavoro fatto. Mi ha messo un po' le mani nei capelli, ha controllato un paio di ciocche per vedere le simmetrie e alla fine ha detto "Valerie... BRAVISSIMA!!"

Mi sono anche offerta di rimborsarle almeno le spese dei prodotti usati, o le ore di lavoro ma non ho voluto niente. Così dopo pranzo sono andata al Rockfeller Center e ho trovato un negozio Hallmark (articoli per feste, biglietti, torte, festoni). Le ho comprato un biglietto di ringraziamento e domani glielo spedisco lì al salone.
Qui si usa molto mandarsi i biglietti (nonostante l'uso della posta elettronica) infatti ne esistono di centomila tipi, dal ringraziamento a quello che vuole lasciare il dubbio che ci sia dell'altro, quelli per il capodanno cinese, per il capodanno ebraico, per i vari sacramenti (qualcuno ha bisogno che gli porti il biglietto di Buon Bar Mitzvah? Molti ristoranti hanno esposto in vetrina il cartello "si organizzano feste, bar mitzvah, banchetti per matrimoni"), per i vari anni (uno per uno fino ai 20, poi solo ogni 5 anni), quello per i malati, quelli d'amore, d'amicizia, ....
Spero il gesto non sia troppo invadente, ma non ho il suo indirizzo di casa e mandarle solo una cartolina virtuale mi sembra poco carino.

E ora le foto del nuovo taglio (e faccia vecchia e stanca)




giovedì, agosto 17, 2006

Lavanderia (e treeee)

Allora, oggi era il fatidico giorno in cui i miei pantaloni dovevano tornare puliti tra le mie braccia. Arrivo alla lavanderia e la signora tutta felice mi dice "stavolta ci sono!". Il marito li tira fuori e la mia mandibola cade e dico "OH MY GOD!" (oh mio dio)
I miei pantaloni (ammesso che si possano ancora definire tali) sono grigi!!!! Originariamente erano verde oliva.
La signora ha cercato di convincermi che il grigio si mette con tutto e che le cose, lavandole, cambiano colore. Le ho fatto notare che è la prima volta che vengono lavati, che li ho presi da Macy's quindi non sono proprio l'ultima merda cinese sul mercato.
La signora mi ha offerto uno sconto sul prossimo lavaggio, come se dopo quello che è successo ci tornassi in quella lavanderia!!! Le ho detto che fra 10 giorni me ne torno in Italia PER SEMPRE.

Le ho chiesto se è possibile chiedere un rimborso e lei mi ha detto di tornare sabato per parlare con il manager....LA STORIA INFINITA.

Darò fuoco a quel buco di russi.

Bastardata

Sabato ho pulito la casa, domenica era già in subbuglio. Di questo me ne sono già lamentata. Martedì è comparsa una confezione di forcine sul lavandino e c’è rimasta fino a ieri sera. Oggi permangono 4 forcine annegate nell’acqua. Nella vasca ci sono 4 rasoi (per due persone!) di cui uno per terra sul tappeto. Ieri quando sono rientrata mi è sembrato che Britta stesse ordinando e mi sono sentita come la matrigna di Pollyanna quando FINALMENTE Pollyanna ubbidisce e riconoscere che le rigide regole sociali sono meglio dell’anarchia. Viste le condizioni in cui è la casa oggi ne ho dedotto che Britta non stava pulendo ma semplicemente effettuando la serale transumanza dei vestiti dal letto al pavimento in modo da poter dormire nel letto stesso.

Quando sono arrivata dall’Italia avevo portato in dono un barattolone di nutella da 750g (giace ancora integro, con il tappo svitato ma con la stagnola di sigillo intatta) e 6 DVD regione 1 (america e canada) che non mi interessavano e non ero riuscita a vendere su eBay. Essi giacciono in corriodio su uno scatolone vuoto.

Ho deciso che due giorni prima di partire verranno venduti (ci sono negozi che li prendono) e chissenefrega se erano un regalo. Il vero regalo sono stati i $930 che ho pagato per stare qui senza avere un vero letto, una lampada, poter usare la cucina e avere qualche centimetro di spazio in bagno.

Se mi avanza spazio e mi gira posso anche riportarmi indietro la nutella! [si potrà portare a bordo?]

Il ventilatore che avevo comprato deve essere venduto pure lui, Erica c’è anche rimasta male che lo volevo vendere ma le ho fatto notare che: in Italia non potrei usarlo per via della differente alimentazione, è grosso come una casa. Lei ha detto che potevo “pass over” il ventilatore. Ma il passarglielo vuol dire che me lo compra o che lo vuole ereditare?

A volte quella ragazza mi sembra scema e intuisco come possa essere così tranquilla…semplicemente non capisce cosa le succede intorno.

All’elenco delle cose da vendere si aggiunge anche il trasformatore.

16 agosto: arrte moderna nei musei newyorchesi

Nella mattina: Cooper-Hewitt National Museum of Design [http://ndm.si.edu/]

Esposizione delle posate collezionate dalla famiglia Cooper-Hewitt con interessante approfondimento sul design e le esigenze a cui le posate sono andate incontro dal 1700 ad oggi. Particolarmente carina la sezione relativa alle necessità di compattare le posate per le compagnie aeree e per usi portatili, giocando sul design e sull’ergonomicità. Curiosa la sezione dove si potevano soppesare diversi tipi di posate in modo da vedere come il design influisce sulla comodità dello stare a tavola. Una buona posata, spiegavano, non cade mai dal tavolo.

Le moderne strade del design vanno incontro ai malati d’artitre.

Putroppo non si potevano fare foto.

Particolare il negozio del museo dove si vendevano anche opere d’arte uniche (prezzo base $7500 per 4 piccolo alogene da tavolo), libri d’arte, posate (tipo $135 a posata), oggetti vari, cartoline. Tra gli italiani figuravano quasi solo cose di Alessi.

Fantasy, "The Chariot of Aurora"
1868-1870

Artist: Frederic Edwin Church
American, 1826 - 1900










A metà giornata: Whitney Museum of American Art [http://www.whitney.org/]

Altro museo di arte moderna molto famoso ma solo a New York, oscurato dalla fama del MoMa e del Met. Alcune opere molto interessanti e altre molto meno. Piano sulla pop art, sui minimalisti, sugli espressionisti moderni, e sull’arte americana (che non c’entra molto con il resto ma da qualche parte devono metterla).

Tour guidato per ogni piano solo in inglese tenuto da un’ultrasessantenne con la erre moscia e accento non newyorchese, quindi l’ho abbandonato alla seconda opera esaminata.

Nomi celebri: Andy Warhol, Roy Lichestein, Jackson Pollock.









Qui sopra: Andy Warhol - Before and After

Nel tardo pomeriggio: solito giro alla lavanderia e poi corsa per la lezione di italiano.

In serata cena con Deborah a Queen, cucina greca. Mangiato quiche di spinaci con anche foglie d’uva (amarognola, mai provata prima), grigliata di pesce con contorno di patate e riso e insalata. Eravamo un po’ indecise sugli usi e costumi dei greci nei confronti del piatto comune di insalata e dalle occhiatacce del cameriere penso abbiamo infranto metà delle buone maniere a tavola.

Un tranquillo mercoledì a Central Park

Lavanderia (ancora!)

Voi dovete sapere che lavare i panni sporchi in America è una disciplina olimpionica.

Innanzitutto pochi lo possono fare, infatti tutti li portano in lavanderia (sia essa a gettoni o serviti) perché la lavatrice è per chi ha lo spazio, i soldi e la voglia di usarla.

Nel fine settimana orde di newyorkesi si incamminano per strada con delle reti da pescatori piene di panni sporchi. Si parla di chili e chili di roba.

Molti non hanno lo spazio dove fare asciugare i vestiti né il ferro da stiro (questo sconosciuto!) così vanno nelle lavanderie servite (cioè come le nostre italiane).

Dalla loro, le lavanderie servite sono molto fiere del loro ruolo nazionale e amano i loro clienti.

Qui sotto: America, terra dei liberi e patria dei coraggiosi









Qui sotto: Amiamo i nostri clienti









Nella prima foto a inizio post: wash & fold (lavati e impacchettati), così mi sono state consegnate le mie mutande e i miei reggiseni puliti


I servizi offerti sono gli stessi delle lavanderie italiane con la piccola differenza che esiste il servizio “in giornata”. Molti degli impiegati della finanza portano i panni sporchi in lavanderia mentre escono di casa e passano a riprenderli quando escono all’ufficio dopo 17. Le ore 17 sono critiche per i newyorchesi. Nel lasso di tempo dalle 16.45 alle 18 ci sono le ore di punta (peak hours) dove tutti vanno di fretta (rush hours), anche i treni della metro.

Quando venerdì ho riportato in lavanderia il paio di pantaloni nuovi di Hilfiger dove era rimasta la macchia del pesto, mi hanno rifatto lo scontrino dicendo di ripassare lunedì dopo le 17. Ovviamente non il numerino che danno in Italia ma un vero scontrino con il tuo nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, descrizione del capo, importo pagato, data e ora di consegna, numero univoco.

Io, che ragiono come un’italiana, ho dedotto che i miei pantaloni sarebbero stati pronti dalle 17 di lunedì in avanti. E invece no.

I pantaloni sono pronti LUNEDì dopo le 17. Questo vuol dire che martedì mattina non si possono andare a prendere.

Mi hanno spiegato che non tengono in negozio tutti i capi puliti per ovvie esigenze di spazio. Hanno dei depositi e dei furgoni (qui si usa molto farsi venire a prendere i panni sporchi a casa e farseli riportare, la mia lavanderia lo fa come servizio gratuito). I miei pantaloni sono in giro per Manhattan.

Ieri la signora russa mi ha chiesto se costassero molto e io, colta alla sprovvista, ho detto solo $35.

Con i saldi dei saldi li ho pagati la metà.

Si profila un eventuale rimborso? Me li hanno persi?

Non è che mi serva una scusa per tornare da Macy’s

Matali Crasset

Quattro sue opere erano esposte al museo Cooper-Hewitt del Design. Mi hanno colpito:

1) non c’entravano niente con il resto del museo, che è ambientato in una magione settecentesca

2) si potevano usare, toccare, etc

3) erano colorate e moderne

Occhiali da sole (sunglasses)

I miei costosissimi quanto amatissimo occhiali da sole di Tom Ford (€150) mi hanno abbandonato dopo un solo mese di servizio. Si è rotta la stanghetta sinistra, all’altezza del logo dorato di Tom Ford. Spero che la garanzia valga su tutto l’occhiale e non solo sulla lente. Quando torno a casa vedremo. Di comprarli qui non se ne parla perché a meno di $300 non si trovano. Così ho preso per $7.58 un paio di occhiali sega made in China.

I vetrinisti di SoHo non sanno più cosa inventarsi

Ecco un dettaglio curioso del negozio Michael K. di SoHo. Attaccato al soffito, un sistema di cubi trasparenti contenenti scarpe passano sulla testa dei clienti e girano su sè stessi in modo da essere ammirati sotto ogni angolazione (ma proprio sotto).

Foot (piede) – Feet (piedi)


I miei piedi si stanno riprendendo, anche perché ora cammino molto meno. Un po’ perché ho rallentato il ritmo e un po’ perché mi perdo di meno.
Siccome fa meno caldo (anche se si arriva a 29°C), l’ipotesi di mettere le scarpe chiuse è più fattibile.
Anche se la bellezza di avere i piedi asciutti spesso batte il fatto di avere una suola ammortizzante.

Se i miei piedi resuscitano in una maniera apprezzabile vado anche a fare la pedicure. Nel posto dove ho fatto la French Manicure ($10 senza tasse), la manicure normale costava $7, la pedicure $15. Non avevo mai visto una poltrona da pedicure e pensavo si facesse tutto con i catini!
E’ come una poltrona da dentista, solo che in corrispondenza dei piedi c’è una vaschetta con acqua corrente e la cornetta estraibile (come quella del parrucchiere). La poltrona può fare o non fare il massaggio alla schiena. Sul bordo più esterno della vaschetta c’è un’imbottitura dove il cliente appoggia il piede mentre la pedicurista lavora, seduta su uno sgabellino molto basso.

Haircut (taglio di capelli)

Domani vado a tagliarmi i capelli. Ho trovato un annuncio in cui si offre un taglio gratuito (che spero non voglia dire una rapata a zero dell’istituto di igiene), penso sia per una classe di parrucchieri.
Devo ancora decidere che taglio fare: mi sa che guarderò un giornale e prenderò una testa famosa.
Al momento l’unica che mi viene in mente e che ha una bella testa è Nicole Richie, la figlia di Lionel.
Mi sembra che il suo taglio si chiami Bob-cat, ma non ho capito quale dei suoi tagli…

Vestiti e grassi

Nei precedenti post ho più volte espresso la mia gioia per aver potuto trovare diversi abiti delle collezioni P/E 2006 nella mia taglia. Ho anche specificato che parte di questa felicità derivava dal fatto che non avevo la taglia più grossa tra quelle esposte. In questi ultimi giorni mi sono data al junkie food (cibo spazzatura). Costa poco e se ne trova ad ogni angolo.

Gli americani amano il fritto, l’olio, il burro. L’unica cucina che non si è lasciata contaminare è la giapponese, mentre le altre, anche quella italiana, in America vengono appesantite da litri di olio e burro.
Per fare un esempio: al ristorante non ci sono i grissini torinesi come da noi. Portano tre fettine di pane e una bacinella con olio extravergine di oliva in cui fare la scarpetta. Buonissimo, ma così anche la cucina mediterranea diventa una botta calorica!
Le pizze, tanto per dirne un’altra, grondano di olio e mozzarella.
Se si mangia americano, il pane viene servito con il burro (all’inglese).

Durante i primi dieci giorni a NY ho cercato di mangiare sano: sushi, frutta, niente dolci e niente junkie food. E mi sono spennata.
Nella zona dove abito ci sono un sacco di locali dove mangiare ma sono tutti serali e quindi very expensive (molto costosi) per chi vuole semplicemente riempirsi lo stomaco. Invece sulle strade principali (Essex & Delancey St.) fioccano McDonald’s, Burger King’s, Subway,… tutti fast food.
Così finisce sempre che quando rincaso, tra le 18 e le 19, mi infilo in uno di quei posti.
Dopo tre giorni di fila mi faccio schifo e mi sento un botolo di ciccia. In compenso ho ancora un discreto numero di soldi (e di sensi di colpa).

L’altro giorno pensavo che in Italia molte ragazze sono spinte a dimagrire per poter entrare nei vestiti giovani e alla moda. Per chi ha una taglia dalla 48 in su, l’unica è vestirsi come delle signore di mezza età (vedasi Elena Mirò, Luisa Spagnoli,…) Questo perché in Italia, la maggior parte delle donne con quella taglie ha effettivamente 40-50 anni.
In America, invece, essendoci molte più ragazze in sovrappeso, le marche commerciano anche fino alla taglia 50 regolarmente.
Mi chiedo, quindi, se questa disponibilità di taglie non faccia desistere le persone dal dimagrire. Ingrassi? Compri la taglia più grande senza dover rinunciare al brand che ti piace e che hai sempre vestito.
Secondo voi sono le taglie più grosse a incentivare l’obesità o bisogna vedere il mercato tessile come riflesso della società in cui vende i suoi prodotti?

Ora che ci penso sono concetti da borderline italiana. Probbailmente anche una taglia 42 italiana penserà che se ingrassa si compra semplicemente la 44 o la 46. Beate loro!

martedì, agosto 15, 2006

The Bronx


Oggi ho girovagato per il Bronx. Alle 13 avevo un appuntamento con Naomi di Dress for Success (www.dressforsuccess.org).
E' un'associazione di volontariato che si occupa di vestire le donne per i colloqui di lavoro. E' un servizio dedicato alle persone dei ceti minori, che magari non hanno il guardaroba o la cultura per prepararsi ad affrontare un colloquio. Come si può vedere dal sito ci sono testimonianze di donne che hanno potuto trovare un lavoro migliore perchè dress for success (vestite per il successo) ha permesso loro di venire assunte in determinati posti.

Sarò lì i prossimi lunedì e martedì dalle 10 alle 14. Il mio compito è smistare gli abiti donati che pervengono all'associazione e farò la consulente allo shopping (shopping consultant).
Ho trovato l'annuncio di ricerca volontari su Craiglist perché volevo conoscere qualche aspetto degli USA che il turista non incontra. Spero in questo modo di potere anche ampliare un po' il mio vocabolario siccome ordinare il cibo è abbastanza monotono.

Nel Bronx ci sono arrivata in un'ora, e pure in ampio anticipo. Così ho deciso di provare uno dei tanti Nail Center (Centri delle Unghie) che sono molto più economici nei quartieri periferici. Adesso ho due belle manine con la French Manicure per la modica cifra di $10. La proprietaria era coreana, mentre le ragazze che ci lavoravano erano di madrelingua spagnola (penso portoricane) e parlavano tra loro spagnolo. In totale: 30 min per la manicure e 20 min di asciugatura, 4 strati di smalto.


Uscita da lì (h.13.30) mi sono infilata in una tavola calda dove ho mangiato la colazione americana (scusate ma cipolle, salame, patate e uova strapazzate alle 9 del mattino non riesco a mangiarle. Siccome il menù era in spagnolo ho ordinato in spagnolo. Grande stupore nel locale (già vedere una bianca bionda da quelle parti è abbastanza insolito) dove le cameriere hanno voluto sapere tutto di me.
Erano così felici che sapessi dire due parole di spagnolo! Loro parlavano spanglish e per me era molto difficile capirle perchè dovevo mentalmente sfogliare due vocabolari per volta. Inoltre parlarlo è per me impossibile perché l'inglese e lo spagnolo hanno suoni molto diversi per le stesse lettere. Alla fine ci siamo intesi lo stesso.

Io: un mengù huevo y queso
cameriera: DE DONDE VIENES?!

Pet Cast - Previsioni del tempo per gatti


Ho trovato un sito americano dove inserendo:
1) il tipo di animale
2) il tipo di pelo
3) l'età
4) il codice postale (solo USA)
restituisce le previsioni del tempo con tanto di indice di confortevolezza felina e l'attività dei moscerini. Poldino ne sarebbe felicissimo perché lui adora le mosche e i moscerini!

Tasse tasse


In un commento mi è stato chiesto di spiegare a quanto ammontano le tasse.
Come restituisce il primo risultato di Google alla ricerca di "tax ny" (chiave di ricerca che può fare anche chi non sa l'inglese), la tassa dello Stato di NY ammonta allo 8,375%.
Al momento non ci sono tasse sui vestiti fino a $110, penso sia una mossa turistica.
A gennaio c'è la no-sale-tax, per incentivare i saldi.

lunedì, agosto 14, 2006

SoHo

Il quartiere di SoHo, cioè la zona a sud di Houston St. (pronuncia newyorkese AU-STON e non iuston), rimane il quartiere chic per eccellenza. Lo si capisce dall’alta concentrazione di negozi top come Prada, Calvin Klein, Steve Madden, Banana Republic, Victoria’s secret, l’Apple Store, Louis Vuitton, Sephora,… e di prezzi esagerati dei bar. Nonostante tutto nei posti più plebei (leggi: non stilisti di alta moda) si potevano anche trovare dei begli affari. Da Victoria’s Secret, la marca più famosa al mondo di lingerie femminili che non ha un solo negozio in Italia, davano 6 prodotti per il corpo a $30, cinque mutande di cotone per $25 più varie occasioni di reggiseni, perizoma e mutande nella sezione clearance.

L’ultima cosa che mi aspettavo era proprio di trovare la mia taglia in una catena di intimo visto che in Italia già con una quarta da Intimissimi ti guardano come se fossi una balena. Invece c’era la L e la XL. Di alcuni modelli entravo nella L, di altre nella XL.

Tantissime le cose nel reparto cura del corpo: bagnodoccia, creme per le mani, creme per il corpo, spray profumati, saponi liquidi,…in diverse e gustose combinazioni (circa 10) tra cui fragole&champaigne.

Apprezzo che tengano la mia taglia anche dei completi più liceziosi inclusi i grembiulini sexy, i corsetti e le giarrettiere ma penso che una persona della mia stazza in quelle mise sia molto ridicola (salvo per gli appassionati del genere obeso)

Mentre la commessa passava i prodotti alla cassa apparivano gli importi originari dei vari articoli e alla fine dava come totale $180, mentre premendo il magico tasto degli sconti si è ridimensionato a $72 (e con esso la mia tachicardia).

Poi ho attraversato la strada e mi sono infilata al Levi’s Store (pron. LIVAIS STOR) tanto per vedere se nella trendissima SoHo (dove tutti sono magri perché modelli o impiegati nel fashion business) tenevano la mia 34 di jeans.

La commessa che mi ha servito, Nicole, era piccola e magra, nera, con i dentoni separati, un berrettino alla Castro, jeans attillati e Converse ai piedi. Le ho spiegato che genere di jeans mi piacciono anche se non ero entrata per comprare, mi ha chiesto che tipo di tessuto preferisco (come se fossi abituata a scegliere ANCHE il tessuto con la mia taglia!) e poi mi ha messo in mano due paia di pantaloni. Sono andata in camerino (fitting room) a provarli ma mannaggia questi negozi di moda giovane che puntano molto sull’architettura degli interni! I camerini erano costituiti da tende circolari (che grazie a Dio toccavano terra) e ho avuto anche la fortuna di capitare nell’ultima così avevo ben due pareti solide. Se uno perde l’equilibrio mentre è in una delle tende centrali cade in mutande in quella del vicino. Che imbarazzante (how embarassing)!

Delle due paia che ho provato solo una mi andava bene (entravo in tutte e due ma una aveva la gamba corta) allora l’ho presa perché l’etichetta era solo $34.50. Tenuto conto che in Italia un paio di jeans costa non meno di €50, e di sicuro non della Levi’s, ho deciso di farmi l’ennesimo regalo. Alla cassa invece ho scoperto che erano in saldissimo e quindi con $12.17 mi sono portata a casa una paio di jeans nuovi. E brava Nicole!

Per la prima volta in 23 anni sono uscita da un negozio di jeans trendy con un nuovo acquisto senza ripetermi che faccio schifo.

Pesca una carta "Imprevisti"

In queste prime due settimane ci sono stati un bel po’ di imprevisti che hanno portato a spese inaspettate.

1) l’adattatore per la spina italiana a tre bracci del PC

2) l’alimentatore del PC (che rende inutile l’acquisto di cui al punto 1)

3) la lavanderia ladra che mi fa pagare 3 etti di mutande sporche $8.50 e una veste scrausa $9.50

4) il sushi del supermercato Duane Reade che costa il doppio che al mercato rionale di fronte (stessa quantità e qualità)

5) L’acqua naturale che tra un quartiere e l’altro cost fino al doppio

6) La lavanderia ladra di cui al punto 3) che mi ha pulito male i pantaloni di Tommy Hilfiger che ho impestato (letteralmente, ci è finita sopra una tagliatella al pesto!)

Tie break

Domani è il giorno 15 del viaggio a New York, cioè la metà. Per qualche strana ragione io sento che è alla fine. Non mi aspetto nessun colpo di scena da qui al 31 perché ho già capito che non uscirò neanche una sera, non vedrò nessun locale e non ballerò in nessuna discoteca. Riuscirò a rientrare in Italia affermando che ho passato l’estate a New York da sola e non sono mai uscita. Non posso neanche tirare fuori la scusa che “non c’è un c…o da fare in questa città” che funziona bene nella mia città.
Oggi comincia a prendermi il panico dei bagagli: ci starà tutto? Metà delle cose che ho portato non le uso neanche: non mi trucco perché non si provano i vestiti nei negozi con il makeup e non esco mai, di conseguenza non metto neanche le due paia di scarpe con il tacco che mi sono portata dietro, quindi neanche i capri pant che vanno solo con la maglia anni ’70 rosa. Per non parlare dei tre tipi di profumi che ho portato e che dimentico sempre di mettere e che se anche usassi tre volte al giorno non li finirei per il 31 e quindi dovrei riportarmeli indietro comunque.
Sto pensando anche a cosa “sganciare” e lasciare qui: devo vendere il ventilatore che ho comprato ed anche il trasformatore (sic!). Le infradito distrutte vanno abbandonate (circa 3 paia). Penso che comincerò con l’infilare in valigia le cose da portare a casa (vestiti, acquisti, scarpe) e lascerò le cose opzionali da parte (tipo i 5 cotton-fioc, il barattolo dello shampoo semipieno, le infradito semidistrutte, l’asciugamano liso,…). Quanto ci scommettete che alla fine riuscirò ad infilare tutto in valigia?!
Purtroppo non ho visto nessuna bilancia in questa casa, per cui dovrò arrangiarmi “a naso” per ripartire il peso cercando di non superare i 23kg a valigia. La Swiss mi consente anche di sforare questo limite con un massimo di 32kg (che è il limite business) per una cifra forfettaria di $25.

Chaos (caos)

Ok, io non sono una persona ordinata e chiunque abbia messo piede nel mio appartamento può confermarlo però qui siamo a livelli patologici. Sabato mattina mi ero svegliata presto e ho trovato la casa vuota (con le luci accese, come sempre). Ho deciso di dare una pulita almeno agli spazi comuni visto che in corridoio si faceva fatica a passare e che in cucina cominciavano a girare dei mosquitos (moscherini). Il bagno al piano terra è l’unico con la doccia, quello al piano inferiore è un mezzo bagno, cioè ha solo lavabo e water. Siamo in tre a lavarci in questo bagno, mentre per la toeletta quotidiana lo uso solo io visto che Britta non c’è mai. Per dieci giorni ci sono stati due cotton-fioc usati sul lavandino, ad ora permane uno spazzolino strausato e un tubetto di dentifricio malamente strizzato quasi pieno ma secco.
Sul lavandino c’è anche un anello d’argento che ha perso colore e due confezioni di sapone liquido. Poi c’è la mia saponetta con spazzolino per unghie in un disco di vetro che ho preso per $1.99+tax all’Esercito della Salvezza (Salvation Army).
Sabato mattina, dicevo, convinta che Erica fosse tornata a Boston, mi sono messa a pulire il bagno comune, la cucina ed il corridoio. Ho impiegato venti minuti per il bagno ma non ho potuto pulire i tappeti perché non ho trovato (e non penso ci sia) l’aspirapolvere (vacuum cleaner). Gli ho dato una sbattuta e poi ho spazzato per terra. Il water è ridiventato bianco, il lavandino ha perso gli aloni.
In cucina ci è voluto un bel po’ di più perché ogni cosa che toccavo spargeva briciole dove avevo appena pulito. Sul microonde, sui fornelli, su e nel frigorifero,… ovunque c’erano briciole e cereali. Una formica che per sbaglio fosse entrata in quella cucina avrebbe creduto di essere in paradiso.
Nel lavandino c’erano bucce di fichi secche ed impataccate alle pareti, più macchie di sapone per piatti. I fornelli erano pieni di aloni di tuorli essicati, il tavolino basso era pieno di briciole, posta e plastica. C’erano bottiglie vuote e semipiene di vino, bevande energetiche e acqua. Alcune erano senza tappo.
Analogamente c’erano bicchieri di vino mezzi vuoti sia in cucina che in corridoio. Asciugamani arruffati sullo scrittoio in corridoio e per terra. Scarpe spaiate per il passaggio comune, lo scrittoio aperto e sedia davanti che impediva il passaggio. Insomma, zero respect. Ho sistemato tutto: ho riempito il portaghiaccio e l’ho messo in congelatore, ho buttato le plastiche che voleggiavano per il corridoio, ho portato in giardino le bottiglie nei cassoni del riciclaggio (mentre in casa fanno spazzatura comune per tutto), ho raschiato per bene con la spugna il lavandino, i fornelli ed il ripiano della cucina. Ho scrostato la piastra per le uova strapazzate ed il bacon (che è un foglio di alluminio che mettono direttamente sul fuoco), ho svuotato i bicchieri semi pieni, ho riordinato le bottiglie semivuote (anche se l’idea di lasciare il vino aperto non in frigo mi disgusta, ma non era roba mia).
Sabato sera ho dormito dalla Debby nel North Bronx e sabato pomeriggio sono rientrata a casa per trovare tutto di nuovo sporco, la cucina sottosopra, i bicchieri semipieni in giro, le plastiche orfane appoggiate ovunque,… So incazzarmi e protestare in inglese però mi godrò la vendetta pensando che con la spugna della cucina ho pulito anche il cesso!